La Preparazione Equilibrata Parte 1
Apprendimento e Personalizzazione
La pratica ciclistica in ambiente e all’aperto è la nostra passione condivisa e oggi come oggi assume una veste quasi sacra in piena epoca Covid.
Siamo talmente stanchi di lockdown, pandemia, virus e mascherine che siamo disposti ad andare in bicicletta con chiunque, gruppi rapaci feroci e lumache, gravellisti biker’s bitumari e persino con gli elettrificati.
Vivere al meglio la bici e dar sfogo nel migliore dei modi alla propria passione comprende anche la preparazione analitica e possibilmente svolta in modo razionale. Quest’ultimo aspetto comprende il fattore di continuità e di richiamo descritti precedentemente e in aggiunta altri due aspetti quello dell’apprendimento condizionale e della personalizzazione.
L’apprendimento condizionale è la capacità (facoltà) di acquisire elementi e contenuti di preparazione in termini di eseguibilità e di gestione pratica, al fine di migliorare il grado di adattamento e assimilazione.
Ad esempio assimilare esercizi riconducibili al fondo medio o imparare a gestire progressioni tra il medio e il fondo veloce variando RpM e intensità di carico è relativamente semplice in forma outdoor perché l’impegno metabolico richiesto è tutto sommato conseguibile e praticabile.
Certe esercitazioni complesse invece possono risultare difficili al di là del loro intrinseco valore condizionale proprio a causa della loro struttura di svolgimento e dell’impegno psicologico che richiedono, in aggiunta chiaramente al disagio metabolico richiesto.
La personalizzazione in termini di pratica sportiva significa eseguire esercitazioni con l’adeguata ortodossia tecnica ed esecutiva abbinata ad una forma di interpretazione e di gestione basata sulle proprie componenti fisiche e metaboliche.
Sapere modificare ad esempio la frequenza respiratoria in base al tipo di esercizio è un aspetto della capacità di personalizzazione della performance, e di fronte ad uno step submassimale un ciclista preferisce incrementare il n° dei propri atti ventilatori, e un altro magari li riduce, entrambi con l’obiettivo di mantenere funzionale la propria ventilazione basandosi sull’esperienza conseguita e appresa.
Poniamo come ulteriore esempio una progressione interna di blocco tra soglia anaerobica e sopra soglia quale:
Questo schema potrebbe presentare alcune difficoltà esecutive che vanno oltre al semplice discorso del carico cosiddetto interno. Alludo alle difficoltà di carattere psicologico che blocchi di questo tipo possono presentare a praticanti anche forti sul piano fisico ma magari non attrezzati a dovere sul piano mentale.
L’incidenza dell’intensità di lavoro muscolare abbinata alla costipazione della muscolatura respiratoria (diaframma e intercostali) possono addurre afferenze di percezione della propria azione non sempre interpretabili e leggibili. In aggiunta a questo ordine di difficoltà si pone la pratica esecutiva in condizioni outdoor quindi con un insieme di variabili in più da dovere gestire.
In tal caso una sessione di esercitazione indoor funge da elemento esperienziale che fornisce caratteri di conoscenza e di percezione della situazione svincolandola dalle variabili outdoor (traffico, manto stradale, segnaletica, visibilità ed equilibrio), giusto per conseguire elementi di riscontro e di adeguata lettura per poi replicare all’aperto magari con gli interessi e con fattori di amplificazione condizionale.
Spesso capita facendo i test di valutazione di osservare atleti che di fronte all’intensificazione della prova si trovano sguarniti da un punto di vista psicologico di fronte al disagio metabolico, e completano in malo modo la sequenza o la interrompono anzitempo.
Risolvere un problema condizionale ad alta intensità richiede motore e tecnica ma anche una adeguata capacità di lettura interpretativa che alla fine completa il potenziale prestativo del ciclista.
In ambito della valutazione atletica questo aspetto si chiama coerenza prestativa.
Il lavoro indoor serve anche a questo cioè a fornire elementi di conoscenza e di gestione della pratica di allenamento in condizioni protette e di più facile eseguibilità perché si può interrompere, ripetere, riprendere oppure concentrarsi a fondo su dettagli e aspetti che su strada risulterebbero ostici e complessi.
Abbinare l’indoor all’outdoor in forma stabile quindi? No, semplicemente non abbandonarlo del tutto segregandolo come semplice metodo di preparazione invernale, perché oggi come oggi non è più così.
La pratica indoor presenta spunti di preparazione e di commistione delle aree di intervento difficilmente replicabili in ambiente e questo aiuta nella costruzione di un processo condizionale ampio e plurifattoriale.
Qualche richiamo o qualche abbinamento di parametri conseguibili solo sui rulli non ci annoiano di certo e non ci allontanano di sicuro dalle nostre strade collinari preferite, ma di sicuro ci aiutano a conseguire modelli di gestione e di controllo della nostra azione più prestativi e più stabilizzanti per la ricerca della forma migliore.
Apprendimento di modelli esecutivi sempre migliori e precisi e di un livello di conoscenza di sé vanno ad ampliare il proprio bagaglio esperienziale, portando il potenziale prestazionale ad un più alto livello.
Questo risponde agli elementi di apprendimento e di personalizzazione della preparazione.
Stefano Carbonieri
Prof. di Educazione Fisica, Docente Formatore del CONI
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